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Francesca Woodman

On Being an Angel

Ad angeli e miti non servono ali per librarsi alle vette dell’immaginario, a Francesca Woodman è bastato il talento visionario per trasformate in soggetto e oggetto della rappresentazione quelle “Some disordered interiors geometries” raccolte nella sua prima e unica pubblicazione, prima di lanciarsi da un palazzo di New York a soli 22 anni.

“Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate”

Interrompendo precocemente il breve e intenso percorso creativo, nato in seno ad una famiglia di artisti e nutrito in modo detetrminante dalla Transavanguardia italiana, la giovane esploratrice di limiti e confini della rappresentazione nella sua dimensione esistenziale, lascia in eredità la figura sfuggente di un mito che incombe in circa 800 fotografie.

Una minuziosa costruzione formale della messa in scena, spinta ben oltre i confini del corpo, della sessualità, della rappresentazioni di genere glorificata dal femminismo o della stessa fotografia, che si riappropria della corporeità (al pari di Cindy Sherman e Nan Goldin) per indagare l’incerta dimensione dell’esistenza in relazione con l’ambiente naturale o architettonico circostante.

L’idea per Space [una serie realizzata nel 1975-76 a Rhode Island] era molto più solidificata due o tre anni fa. Avevo l’idea di illustrare fisicamente metafore letterarie (the white lie) e di fare metafore fisiche per idee morali (la reputazione). E tuttavia, lavorando lentamente ad altri progetti, ho smarrito la particolarità di questa idea e sono venuta fuori con un gruppo di immagini che non illustravano nessun concetto specifico ma sono la storia di qualcuno che esplora un’idea […] seguiamo la figura che cerca di risolvere l’idea come se fosse un problema matematico e di inserirsi dentro l’equazione. Un paio di mesi dopo […] sono ritornata alla teoria originale per illustrare Self-deceit […] la cosa che mi interessava di più era la sensazione che la figura, più che nascondersi da se stessa, fosse assorbita dall’atmosfera, fitta e umida.

Ambiente che trasfigura il corpo ‘assorbendone’ l’evanescente fragilità, fusa e confusa con la carta da parati e gli alberi, celata dietro porte e confini, ricorrendo allo studio dell’inquadratura, la composizione, giochi con la luce e i tempi d’esposizione, lunga e doppia, per partecipare alla fusione del contesto.

“la teoria dietro l’opera è importante ma per me è sempre secondaria alla soddisfazione dell’occhio”

Tutto nasce a Denver il 3 aprile 1958, da una madre ceramista e un papà artista che fanno vivere alla piccola Francesca un anno di scuola pubblica nella campagna fiorentina di Antella dove hanno una casa, prima di frequentare i corsi d’arte alla Abbott Accademy di Boulder, dove inizia a scattare le prime foto con la macchina fotografica regalata dal padre, e dopo la Rhode Island School of Design (RISD) di Providence, con una borsa di studio segue i corsi europei del RISD a Roma.

Nell’estate 1977 dell’Italia violenta e armata degli anni di Piombo, è l’atmosfera dai forti richiami surrealisti della libreria antiquaria Maldoror appena aperta nel ventre di Roma, a far scoprire alla giovane americana i quaderni di fine 800 scritti a mano che arricchisce con interventi fotografici, le foto anatomiche che trasforma in anatomie disarticolate o i due fascicoli di Esercizi graduati di Geometria con le 15 fotografie applicate sulle pagine di eserciziari dei bambini delle scuole elementari che danno vita ad “disordinate geometrie interiori”.

Il piccolo antro di oggetti curiosi e bizzarri dove debutta con una mostra il 20 marzo del 1978, mentre frequenta pittori e artisti del “Gruppo di San Lorenzo” che operano all’interno dell’ex pastificio Cerere, dove la Woodman ambienta molti dei suoi scatti.

Dalle bancarelle di Porta Portese arrivano abiti e oggetti rétro che indossa e accumula nel suo appartamento di Via dei Coronari, dal mercato di Piazza Vittorio le aguglie usate per “Fish Calendar – 6 days” e “Eel series”.

A raccoglierne la singolare opera, a metà tra esercizio scolastico ed elaborazione indipendente è l’amico “Cristiano” Casetti, con un catalogo di lettere, fotografie e sperimentazioni visive destinate allo stesso Casetti, “Pepe” Gallo, Edith Schloss e l’amica Sabina Mirri, con la quale realizza anche la “Serie del guanto”, ambientata nel bar romano “Fassi” e ispirata al ciclo dell’artista tedesco Max Klinger, ritrovato dalla stessa Francesca nella rivista del 1957 “Le Surréalisme, même”.

Un preziosa eredità per approfondire lo studio della sua opera, prestata da Casetti a critici studiosi, musei e mostre, come quella ospitata al Museo del Louvre di Roma.

 

Oggi sii riconoscente

Dopo alcuni anni, ho deciso di riprendere a scrivere sul mio Blog, che avevo abbandonato…ma non del tutto.

Tendiamo sempre a vedere la nostra vita e quella degli altri da una prospettiva molto ristretta, senza sforzarci di conoscere le cose nel loro insieme, senza aver fiducia nel presente, senza apprezzare quello che ci dà.

Storiella.

In un piccolo villaggio di campagna viveva un vecchio che era proprietario di un bellissimo cavallo. Nonostante fosse molto povero, rifiutava sempre le offerte di chi voleva comprarlo perchè ormai era diventato come un amico. Gli abitanti del villaggio lo consideravano un eccentrico e uno stupido perchè avrebbe potuto porre fine alla sua povertà vendendo il cavallo.

Un giorno la stalla fu trovata vuota.

Gli abitanti del villaggio erano convinti che il cavallo fosse stato rubato e concordarono sul fatto che per il vecchi sarebbe stato meglio venderlo.

Ma egli ribadì che l’unico fatto accertabile era che il cavallo non stava più nella stalla ed invitò la gente del villaggio a non esprimere giudizi su quella situazione.

Trascorso un po di tempo, il cavallo fece ritorno portando con se una dozzina di cavalli selvaggi. Allora gli abitanti del villaggio dissero che il vecchio era stato molto fortunato ma ancora una volta egli disse di guardare i fatti e di non giudicare un piccolo frammento della realtà senza conoscerla tutta.

L’unico figlio del vecchio iniziò subito a domare i cavalli, un giorno però cadde e si ruppe una gamba. Ancora una volta gli abitanti del villaggio pensarono che questa fosse una grande calamità, dal momento che egli rappresentava l’unico aiuto per il padre.

Ma il vecchio ancora una volta non era d’accordo con quanto la gente andava dicendo.

Presto scoppiò una guerra contro lo stato confinante e tutti i giovani del villaggio furono chiamati alle armi, ad eccezzione del figlio zoppo del vecchio.

[…] la storia continua all’infinito.

 

Categorie:Pensieri e parole

Buonanotte Madiba

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Mi ricordo che parlammo di Mandela, sotto l’ombra di un grande baobab, era il 2008, eravamo in Botswana e arrivavamo da Johannesburg. Parlammo dei 27 anni di prigionia a Robben Island terminati solo nel 1990, del Premio Nobel per la Pace, della sua forza, del suo rispetto per gli avversari e della sua risata coinvolgente. Nelson Mandela raccontava spesso una storiella “Quando morirò, mi presenterò alle porte del Paradiso e l’Angelo mi chiederà “Scusi ma lei chi è?”. Io risponderò utilizzando il mio nome tribale “Madiba”. “E da dove viene?” e io “Dal Sudafrica”. “Ah, lei è quel Madiba. Credo che debba accomodarsi ai Cancelli infuocati, la sotto!”. E di solito scoppiava in una ristata.

Nessuno è sulla terra per caso, grazie per avermi insegnato che “non ciò che ci viene dato, ma la capacità di valorizzare al meglio ciò che abbiamo è ciò che distingue una persona dall’altra”.

Buonanotte Madiba, riposa in pace.

Viaggiare attrezzati e leggeri

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Ho definitivamente abbandonato l’idea che possa esistere un’attrezzatura ideale per fotografare in ogni situazione, anche dopo aver viaggiato in diverse aree del pianeta e per diversi anni, quando mi trovo di fronte alla preparazione dello zaino fotografico sono indeciso su cosa portare con me e cosa lasciare a casa. Negli ultimi tempi, reduce da un periodo di forte mal di schiena, ho deciso di viaggiare leggero e di sottoporre il mio zaino ad una dieta forzata fino al raggiungimento del “peso forma” di 10 Kg, tra l’altro, il massimo consentito dalle principali compagnie aeree per il bagaglio trasportato a mano. La scelta è stata ovviamente un compromesso ma, siccome sono una persona precisa, e ho voluto stilare una check-list, sono partito da una considerazione oggettiva. Analizzando con Lightroom le fotografie scattate negli ultimi 10 anni, ho scoperto che l’obbiettivo che ho utilizzato di più, è stato il Nikon Af-S 17-35mm f/2.8 D seguito dal Nikon Af-S 28-70mm f/2.8 D. Quindi, avrei potuto realizzare il 98% delle fotografie trasportando solo queste due lenti e la macchina fotografica. Solo poche volte ho scattato con focali più lunghe e si trattava di situazioni specifiche, macro fotografia o safari fotografici. Viaggiando, devo comunque tener conto di alcune cose fondamentali, potrei aver bisogno di un secondo corpo macchina e di un flash. Inoltre, non avere a disposizione una focale più lunga, mi crea ansia, ho quindi deciso di portare con me un moltiplicatore di focale Nikon TC 17E che all’occorrenza monto sul 28-70mm.  Anche lo zaino utilizzato per il trasporto deve avere alcune caratteristiche fondamentali; deve essere leggero, deve essere abbastanza capiente ma non deve superare le misure consentite per i bagagli a mano, deve essere impermeabile, ovviamente di buona qualità e consentire il trasporto di un computer portatile da 15″. Dopo alcune valutazioni e consigli di colleghi, ho optato per un Lowepro Vertex 200 AW. Ho disposto sul pavimento tutta l’attrezzatura e lo zaino e ho deciso cosa metterci dentro:

Nikon D3

Nikon D300

Flash Nikon SB-900

Nikon Af-S 17-35mm f/2.8 D

Nikon Af-S 28-70mm f/2.8 D

Nikon Af-S 50mm f/2.8 G

Nikon TC 17E II – AF-S Teleconverter

Filtro Polarizzatore B+W 77mm MRC KSM Slim

Nikon GPS GP-1

Nella valigia da imbarcare, oltre al cavalletto, metto anche una borsa Lowepro Passport che utilizzo durante il viaggio quando è possibile lasciare in hotel qualche pezzo dell’attrezzatura. Ovviamente questo è un suggerimento dettato dall’esperienza ma pur sempre soggettivo, ognuno è libero di scegliere cosa portare e cosa lasciare a casa.

Per quanto riguarda il resto dell’attrezzatura:

Cavalletto Manfrotto 055CX Pro4

Testa Manfrotto RC4

MacBook Pro 15”

HD portatile Lacie Rugged 1TB

4 Schede di memoria SD Extreme 16GB

Batterie, carica batterie e cavi vari.

Kit pulizia.

Brunello, arcobaleni e fotografie

9 settembre 2013 1 commento

Eccomi appena rientrato da Murlo, un piccolo ma incantevole borgo sulle colline senesi, dove ero andato per ritirare il premio del concorso fotografico “Obiettivo Murlo 2013” che ho vinto nella sezione “Gente del mondo”. Prima di partire, i miei amici si sono raccomandati che non urtassi la sensibilità dei Toscani, evitando di parlare del Barolo e della Juve; li ho ascoltati, e tutto ė filato liscio. Sono arrivato a Murlo venerdì nel tardo pomeriggio e sono stato accolto da uno splendido arcobaleno che ha appagato il mio sguardo. Più tardi, una squisita cena a cura dei “Cuochi q.b” ha messo in pace il mio stomaco e, a seguire, le fotografie di Francesco Cito, mi hanno riempito cuore ed anima. Ho viaggiato per 6 ore e 650. Km all’andata e altrettanto al ritorno, per andare a ritirare un premio che, se non fossi stato presente, mi avrebbero comunque spedito, perché penso che sia importante onorare i concorsi fotografici nel rispetto di chi partecipa e di chi lavora intensamente per organizzarli,  nel rispetto degli sponsor e delle amministrazioni comunali che credono nell’importanza della cultura fotografica investendo denaro pubblico nonostante il difficile momento. Ho due bambini piccoli e temo per il loro futuro a causa della crisi che stiamo vivendo: non per quella economica, che ė risolvibile, ma per quella culturale che sta creando una voragine nelle nuove generazioni. Basta accendere la televisione o aprire un giornale per vedere il vuoto, per effetto di un mercato che ė più interessato ai talent show che alle mostre fotografiche. Allora cominciamo da noi, smettiamola di definirci “Photograper” e rispolveriamo la parola “Fotoamatore”, perché oggi, essere innamorati della fotografia ė un bel privilegio, ma anche una grande responsabilità.

Categorie:Uncategorized

IL FOTOGRAFO ; colpito e fotografato

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Navigo frequentemente sul web, per lavoro. A volte, trascinato dalla curiosità parto da un punto conosciuto e arrivo dove non avrei mai immaginato. In uno di questi “viaggi” ho trovato una fotografia e mi sono fermato. La storia è questa: Nel Giugno 2011, Gabriele Micalizzi, fotografo italiano del collettivo CESURA, inviato ad Atene dal NEW YORK TIMES, viene ferito da un poliziotto mentre sta documentando gli scontri nella capitale greca. Una manganellata sferrata da un poliziotto gli provoca un taglio in testa, nessuno soccorre Gabriele tranne un giornalista greco che lo porta in ospedale dove viene soccorso e curato con 8 punti di sutura. Il fotografo e il giornalista ritornano insieme sulla piazza e, alcuni giorni dopo, la rivista greca BHMagazino pubblica uno speciale sui reporter che hanno documentato gli scontri. Nelle fotografie si vede un poliziotto colpire con un manganello un ragazzo. Nessuno, ovviamente, identifica il poliziotto ma, su numerosi blog, ci si chiede chi possa essere il ragazzo colpito. Atene viene letteralmente tappezzata da manifesti che mostrano come la polizia è intervenuta e il fotografo diventa il soggetto di quello che sta documentando. La fotografia ritrae il momento in cui Gabriele viene colpito.

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La fotografia omologata

Tasso

Parlando di fotografia, si sente spesso dire che essa è un linguaggio e quindi i due attori coinvolti (fotografo e osservatore) per comunicare, dovrebbero rispettivamente saper scrivere e leggere. Concordo con il pargone letterario e aggiungo che, a discapito del numero di fotografie prodotte oggi, solo una piccola parte degli utilizzatori di macchine fotografiche è capace di scrivere correttamente e ci sono ancora meno persone in grado di leggere.

Durante un viaggio, ci si limita spesso a predere appunti fotografici, di stereotipi, pensando di scattare fotografie. Ho visto libri di appunti, spacciati per raccolte di ritratti fotografici. La fotografia è omologata e non c’è scampo. Se cerco “Castelluccio di Norcia” posso immaginare cosa troverò sulla rete, fotografie tutte belle, bellissime, tutte uguali a se stesse.

Fortunatamente c’è anche altro, perchè a Castelluccio c’è soprattutto altro.

http://www.christiantasso.com/Castelluccio/

Categorie:Fotografia Tag:

Mandalay, 22 novembre 2012

Ci siamo spostati nel nord del paese passando per Bagan, una pianura con oltre duemila pagode. Il tramonto è stato interessante ma l’alba è stata superlativa. Sveglia alle 4:30, saliamo sulla terrazza di una pagoda e poco dopo la luce radente illumina i templi che si tingono di arancione in contrasto con il verde brillante della vegetazione. Nelle mie orecchie la musica di Sade contribuisce a rendere tutto ancora più surreale. Purtroppo le difficoltose connessioni ad internet non mi permettono di postare in modo costante il resoconto del viaggio me sto registrando tutto e mi riprometto di farlo al mio ritorno in Italia.

Kayaikhtiyo, 17 novembre

La salita alla roccia d’oro, con tutti i bagagli e gli zaini fotografici, è stata possibile grazie ai portantini. Domani ci aspetta l’alba, speriamo che la luce sia buona.

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Yangoon, 16 novembre 2012

Bellissima città, molto interessante la zona portuale. In fermento per l’arrivo di Obama previsto nei prossimi giorni.